Come si sono evolute le interazioni tra i brand e i consumatori? Quanto le persone sono effettivamente pronte ad interagire con agenti conversazionali evoluti?

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Nel panorama del B2C l’evoluzione tecnologica ha spinto sempre più lo spostamento della relazione dal fisico al digitale: i contatti sono sempre più diretti, le relazioni e le esperienze sempre più personalizzate. Questo cambio di paradigma ha fatto sì che le aziende vadano sempre più incontro a una gestione del customer care intelligente, che tenga conto sia delle necessità degli utenti, sia di quelle dell’azienda, che non riesce a gestire contemporaneamente tutte le richieste di assistenza che quotidianamente arrivano. 

Le conversazioni uomo-macchina raggiungeranno numeri elevati, si stima che entro il 2022 , il 70% delle interazioni del customer care, avverrà proprio mediante agenti conversazionali (Gartner).

Non solo,le persone sono sempre più abituate al fai-da-te digitale, uno studio condotto da Harris Insights And Analytics evidenzia, infatti, che il 40% degli utenti cerca servizi self-service, disponibili 24/7 e che il 63% delle persone predilige l’invio di un messaggio alla chiamata ad un operatore.

Le modalità di interazione. 

L’avanzamento di questi strumenti è dato dalla rapida e progressiva evoluzione delle tecnologie di intelligenza artificiale. 

Gli Assistenti Virtuali, infatti, sfruttano le tecnologie di Natural Language Processing & Understanding per elaborare richieste sempre più complesse da parte degli utenti; le tecniche di Machine Learning e Deep Learning arricchiscono la User eXperience (UX) con un continuo processo di apprendimento che permette a questi sistemi di adeguarsi rispetto alle esigenze specifiche dell’interlocutore, come ad esempio lo stato d’animo, i gusti o le sue preferenze.

Oltre al progresso tecnologico, un altro fattore fondamentale di questo successo va ricercato nella semplicità d’uso degli agenti conversazionali. Il fatto di poter utilizzare un assistente virtuale in qualsiasi momento della giornata, su qualsiasi dispositivo e canale (come ad esempio sistemi di instant messaging, siti web, VoIP, social network), e attraverso l’invio di un messaggio scritto o vocale, rende immediata ed estremamente intuitiva l’interazione.

Nella nostra esperienza, gli assistenti virtuali creati con Algho offrono nel panorama della UX, tre modalità di conversazione/interazione che vanno ad interessare diverse aree della comunicazione:

  • Testuale: la conversazione avviene attraverso la scrittura di un messaggio, utile soprattutto quando si è in luoghi molto frequentati, dove difficilmente si riesce a parlare o da utilizzare quando non si vuole far ascoltare la propria richiesta.
  • Vocale: la voice technology è di fatto un trend. Le persone oggi utilizzano la voce per fare ricerche vocali, inviare messaggi su WhatsApp e controllare la propria casa. Poter utilizzare la voce per interagire con un assistente vocale, rende la conversazione semplice, naturale, intuitiva e rapida. 
  • Artificial Human: l’integrazione delle tecniche di interaction design stanno portando l’interazione ad un livello che coinvolge aree della comunicazione come il linguaggio paraverbale e non verbale, le espressioni facciali e una maggiore personificazione dell’assistente. Anche in questo campo, l’evoluzione tecnologica ha portato gli avatar da un aspetto cartoon like a un vero e proprio “io” digitale, grazie alla possibilità di scansionare volti, espressioni e movimenti,  rendendoli digitali.

Le tipologie di utenti.

Il sempre maggiore utilizzo di assistenti virtuali nella nostra quotidianità, comporta anche una maggiore consapevolezza delle persone nell’utilizzo dei dispositivi e quindi l’interazione diventa sempre più naturale.

Ma non tutti siamo abituati ad interagire con le macchine allo stesso modo. Ognuno di noi ha delle aspettative e atteggiamenti diversi nei confronti degli assistenti virtuali e ce lo confermano i dati delle analisi delle conversazioni che, come team di Conversation Designer, facciamo settimanalmente.

Dalla nostra esperienza potremmo, infatti, definire tre tipologie di utenti, che si distinguono per modalità di interazione e quindi di conversazione intrattenuta. 

Possiamo infatti identificare:

  • Essay User: una tipologia di utente che non è abituata a utilizzare un assistente virtuale e al posto di avviare una conversazione, tratta quest’ultimo  come se fosse una persona reale e invia più domande in un solo messaggio oppure formula la richiesta come se fosse il testo di una mail. Le conversazioni di questo tipo sono tendenzialmente caratterizzate dall’invio di un unico messaggio, molto corposo e che contiene informazioni personali come ad esempio nome e cognome, numero di cellulare o indirizzo mail.
  • Keyword User: in questa tipologia rientrano le persone che utilizzano poco questi sistemi e che si approcciano alla conversazione usando solo parole chiave, come se stessero eseguendo una ricerca su Google. Le conversazioni sono caratterizzate dall’invio di numerosi messaggi ma molto brevi, che contengono una o due parole al massimo e che spesso, dopo aver formulato una richiesta basata su keyword, sfruttano prevalentemente il sistema dei suggerimenti preferendo quindi una modalità di conversazione più guidata.
  • Conversational User: in questa modalità di utente, invece, troviamo i più esperti. Coloro che utilizzano nel loro quotidiano tecnologie legate al Conversational AI e che quindi sanno porre in modo corretto le domande. Questa modalità di interazione è quella che porta nella quasi totalità ad una conversazione di successo e soddisfacente, dove con un breve scambio di messaggi vengono trovate immediatamente le informazioni cercate.

Dal design alla pratica: come si svolgono le conversazioni uomo-virtual assistant.

Il ruolo del Conversation Designer è quello di progettare un flusso conversazionale fatto di domande e risposte, rispetto ad un tema definito. L’obiettivo è quello di definire uno script che i potenziali utenti possono seguire per trovare le informazioni che cercano, ottenere assistenza, usufruire di un servizio attraverso una conversazione, che diventi una conversazione di successo.

Ma la realtà è ben diversa: solitamente nel momento in cui l’assistente va online gli utenti interagiscono con quest ultimo come se fosse un essere umano (CASA paradigm). Studi recenti hanno mostrato che ci sono sottili differenze nelle comunicazioni che avvengono attraverso app di messaggistica istantanea tra essere umani e scambi comunicativi che avvengono con un assistente virtuale.

Hill, Ford, & Farreras (2015), nel loro studio dal titolo “Real conversations with artificial intelligence: a comparison between human–human online conversations and human–chatbot conversations”, hanno dimostrato come, nel processo di comparazione tra le due tipologie di conversazione, ci siano differenze nella modalità di porsi nei confronti del proprio interlocutore. 

La prima differenza evidenziata riguarda la lunghezza dei messaggi inviati: i ricercatori hanno notato che nel caso di una conversazione con un assistente virtuale, il numero medio di parole utilizzate è di 4,29; mentre è maggiore tra esseri umani, con una media di 7,95 parole per messaggio inviato.

Nonostante questo dato, però, hanno registrato che nel caso di una conversazione con un assistente virtuale, le persone erano inclini a inviare più del doppio dei messaggi agli assistenti virtuali rispetto alle conversazioni con altri esseri umani, andando quindi a smentire l’assunto che gli utenti non si sentono a loro agio nel parlare con un agente conversazionale. La spiegazione a questo fenomeno è stata attribuita dagli autori non tanto all’incertezza nelle modalità comunicative, ma piuttosto ad un adattamento della comunicazione umana a quella dell’assistente, nello stesso modo in cui le persone adattano il loro linguaggio quando conversano con i bambini (Bloom, Rocissano, & Hood, 1976; Hausendorf, 1992) o con persone straniere (Ferguson, 1975).

Infine, un altro dato sorprendente riguarda l’utilizzo di bestemmie, parolacce o messaggi sessualmente espliciti molto più alto (+ 30%) durante la conversazione con un assistente virtuale rispetto a quella con un’altra persona, dove nell’85% dei casi non appare alcun linguaggio scurrile. Questo fenomeno, probabilmente va ricondotto alla natura anonima che hanno le conversazioni uomo-macchina.

Queste caratteristiche riscontrate da Hill, Ford, & Farreras le abbiamo riscontrate anche noi dall’analisi delle conversazioni con i nostri assistenti. Molto spesso le persone hanno un’esperienza limitata nell’interazione con questi sistemi conversazionali. Laddove la macchina non risponde prettamente alle loro richieste, gli utenti tendono a considerarla un fallimento.

E’ quindi un elemento imprescindibile la buona progettazione di un flusso conversazionale che tenga conto del target di utenti, dell’obiettivo a cui è rivolto e delle funzionalità per cui è sviluppato il sistema conversazionale.

Se da un lato la componente tecnica è l’elemento importante per distinguere un buon assistente virtuale da uno poco performante, dall’altro il ruolo del Conversation Designer diventa sempre più centrale nelle aziende che vogliono sviluppare assistenti virtuali user centered.